venerdì 6 marzo 2015


 DAL MALTRATTAMENTO AL FEMMINICIDIO
Analisi di una tragedia molto italiana

Il tema dei maltrattamenti, al contrario dell’economia, pare non conoscere tempi di crisi.
Le cifre parlano chiaro: ogni anno nel mondo (e non solo nei paesi in cui non v’è ancora stata una rivoluzione ( o evoluzione) rispetto alla parità di genere, ma anche in paesi più moderni)centinaia di donne vengono uccise dai propri compagni o ex compagni, mentre migliaia subiscono violenza fisica o psicologica, senza denunciare.
Nel 2014 l’Eures, nel II rapporto sul femminicidio in Italia (anno 2013) ha calcolato che sono state uccise 179 donne, per una media di una ogni due giorni. Il dato mostra un incremento del +14% rispetto al 2012. Aumentano anche, rispetto all’anno precedente, gli omicidi effettuati in ambito familiare (+16,2%) che passano così da 105 a 122. Il 2013 ha rappresentato l’anno con la più elevata percentuale di donne tra le vittime di omicidio mai registrata in Italia, un dato pari al 35,7% dei morti ammazzati (179 su 502).

Le cifre sono impressionanti.
I giornali riportano continuamente di casi di omicidio passionale, perpetrato sull’onda di un sentimento d’amore, definendo con un termine decisamente scorretto e fuorviante  quanto è successo: è chiaro, infatti, che chi uccide, in realtà non ama.
Esistono troppa sufficienza e troppa imprecisione nel riportare e spiegare mediaticamente questa tipologia di comportamenti.
Omicidio passionale è un termine inadatto per descrivere questo fenomeno, anche se il suo utilizzo ha l’effetto di alzare gli ascolti ed aumentare le vendite delle testate giornalistiche.
Nessuno ucciderebbe chi ama davvero.
Molti, invece, uccidono la persona che temono di perdere, perché è dal possesso della persona stessa che dipende la propria sopravvivenza emotiva.
Se non mia, di nessun altro.
Meglio morta e di nessuno, piuttosto che viva ma non mia.
Esiste un filo (o sarebbe meglio dire una catena?) che unisce possesso, controllo e potere in alcune  relazioni.
Il possesso non ha nulla  a che vedere con l’amore. Anzi, a ben vedere, ne è l’esatto contrario. Amore è, infatti, rispetto della vita dell’Altro, compreso il rispetto della dignità e della sua libertà.
Per citare una frase di R. Norwood (Donne che amano troppo)

nessuno può controllare nessuno.

In una relazione, il tentativo di possesso dell’altra persona (confuso con l’ amore) è un’illusione che porta solo a terribili sofferenze, gelosia sconclusionata, comportamenti abominevoli.
Il possesso ha invece molto a che vedere con il potere.
Il dominio sul partner è l’effetto dello sbilanciamento del potere su uno solo dei membri della coppia, e lo si può ottenere in diversi modi, dai più diretti ai più sottili, che andremo a conoscere lungo la trattazione.
Come ben osserva Lowen (Il narcisismo, p. 90)

se tutti avessero pari potere,
nessuno controllerebbe nessuno.

Ma per quale fine alcune persone desiderano così prepotentemente il controllo? Quale è lo scopo od il motivo del riuscire ad avere totale potere in una relazione?
Il potere è direttamente collegato al comando. Chi domina decide, per sé stesso e per l’Altro.
La maggior parte delle teorie psicologiche è concorde con l’affermare che l’esigenza di potere, controllo e dominanza sono riconducibili alla presenza di una di più paure, spesso di origini inconsce, che grazie a questa posizione di superiorità verrebbero sedate, controllate. Lo scopo del potere nella relazione sarebbe quello di ottenere vantaggi personali e soddisfare bisogni profondi ed egoistici (C. Madanes, Amore, sesso e violenza, Ponte alle Grazie, Torino, 2000).
Lowen ipotizza che il potere non servirebbe per eliminare il senso di impotenza, di inferiorità e di incapacità, ma servirebbe piuttosto a negarle.
La differenza c’è, anche se è sottile.
L’eliminazione del senso di impotenza, infatti, prevede la scomparsa della sensazione di impotenza, meccanismo difficile (se non impossibile) da realizzare. La persona, allora, tenta di negare le sensazioni sopra elencate affermando (agendo) il contrario.
Questo è il meccanismo basilare da comprendere: per negare un’emozione, una sensazione o un’ autoimmagine, devo agire il suo opposto. Solo così posso controllarla.
Per negare la paura, devo agire il coraggio.
Per negare la dipendenza, devo agire il distacco.
Per negare il senso di fallimento, devo agire la grandiosità.
Per negare l’impotenza, devo agire il dominio.
Per negare il rifiuto, devo agire il possesso.

Il potere sarebbe quindi il mezzo tramite cui l’uomo crea la propria illusione  di controllo, e attraverso il quale i nostri maltrattanti negano un mondo affettivo ed emotivo devastato, che corrisponde al loro inferno.
C’è da osservare che quando potere e possesso compaiono combinate, portano ad un solo risultato: la negazione della libertà dell’Altro.
Il possesso è l’esatto contrario della libertà, diritto fondamentale di ogni individuo.
In molte delle relazioni che si concludono con l’omicidio della donna, la libertà (fisica, ma anche mentale)è qualcosa che viene persa progressivamente, fino ad arrivare a perdere la vita.
L’omicidio è solo l’atto finale della privazione della libertà dell’Altro, quando sono falliti tutti gli altri tentativi di possesso e di controllo.
In queste relazioni in pericolo non c’ è solo la libertà di movimento o la libertà di vedere amici, ma anche libertà di pensiero e la libertà di costruire e vivere la propria identità.
Questa relazione malsana (definita perversa) è prodotta dalla percezione della propria compagna come oggetto di soddisfacimento dei bisogni, e non come soggetto con una propria identità e dignità.

L’altra leggerezza mediatica è il riportare questi gesti come causati da raptus, termine utilizzato per indicare una perdita di controllo degli impulsi, un atto sconsiderato, fuori dal controllo della volontà della persona.
Anche in questo caso è necessario fare le dovute correzioni, poiché nelle analisi delle casistiche si nota chiaramente come il tanto invocato raptus non sia altro che il gesto finale di ripetuti comportamenti di maltrattamento. Le donne di cui parliamo vivono spesso da anni una vita relazionale e matrimoniale o di convivenza connotata da maltrattamenti fisici e psicologici, che solo in alcuni casi si concludono con l’omicidio. Gli omicidi commessi per improvvisa perdita di senno corrispondono ad una percentuale minima; tutte le altre situazioni rientrano in quelle che chiamiamo relazioni maltrattanti, che prevedono comportamenti coscienti e reiterati, non certo caratterizzati da perdita di controllo.
Il maltrattamento relazionale è un fenomeno di proporzioni enormi che nonostante gli interventi, i programmi divulgativi, le “Pubblicità progresso”, gli avanzamenti legislativi, continua a provocare vittime.
Parlare di maltrattamento non è semplice.
La casistica è complessa e va letta e compresa sotto diversi punti di vista. Esistono infatti moltissime forme di maltrattamento, tante quante uno ne può inventare. Ed esistono numerose sfumature di presenza e manifestazione del fenomeno che dipendono da come agiscono e reagiscono i protagonisti, ma anche tutte le persone coinvolte.

Il femminicidio è solo l’epilogo tragico 
di una storia costellata da violenza domestica, 
nella quale la componente psicologica è sempre presente,
 anche se non sempre visibile.

Ma come è possibile trasformare la propria vita in un susseguirsi continuo di tragedie? Le donne che allacciano relazioni con uomini maltrattanti, finendo poi per rimanerne invischiate, soffrono di qualche problema? Possiamo riconoscere da subito i nostri aguzzini o si trasformano come tali durante il proseguire del rapporto? Perché non ci sottraiamo alle violenze psicologiche o fisiche, anche quando ci rendiamo conto che provocano enorme sofferenza a noi stessi o ai nostri figli? Quanti tipi di violenza esistono?Maltrattano di più gli uomini o le donne? Che differenza c’è fra litigi con toni aspri e maltrattamento? C’è modo di sapere se mi trovo all’interno di una relazione maltrattante? Come posso uscirne?
Nei prossimi articoli andremo ad analizzare èpunto per punto questo fenomeno.

Monica Bonsangue
da "Giochi di prestigio. Svelare i trucchi della violenza psicologica nella coppia".


Nessun commento:

Posta un commento